Gli Affreschi della Cappella del Rosario

di Alberto Costantini

Montagnana è una città affascinante per la sua straordinaria cinta di mura, una delle meglio conservate d'Europa, che solo da qualche anno si è cominciato a studiare anche nei riflessi astronomici ed astrologici, e che, soprattutto a seguito degli studi compiuti dal Prof. Leone Parolo del Centro Studi sui castelli, hanno rivelato un aspetto di misteriosa sapienza e di insospettata perizia. Per non parlare della piccola chiesa di S. Antonio Abate, ricca anch'essa di misteri collegati ai cavalieri Templari, su cui tanto si è scritto anche ai nostri giorni.

Ma un enigma a tutt'oggi insoluto è quello legato alla Cappella del Rosario del Duomo. Eretta tra il 1431 e il 1502, questa chiesa vide l'impegno continuo di maestranze d'altissimo livello, fra cui scultori, pittori ed architetti di notevole capacità (Lorenzo da Bologna, Alvise Lamberti, che lavorò al Cremlino di Mosca, Jacopo Parisati, Giovanni Buonconsiglio, più tardi il Veronese, forse il Giorgione...), e l'impegno finanziario della comunità civile, che si svenò per avere un tempio degno non tanto della grandezza della città, quanto della fede e un po' anche dell'umano orgoglio dei montagnanesi. In esso la fede cristiana e la sapienza ereditata dal mondo antico e riscoperta dall'umanesimo si fondono in modo per noi del tutto sorprendente e talora inquietante.

Un esempio di eccezionale valore, lo si ritrova dunque in una cappella laterale del duomo, l'unica rimasta delle molte che dovevano un tempo esistere. Da quando negli anni '50 venne tolto l'altare barocco che ne chiudeva l'ingresso, cittadini e visitatori si confrontano con la decorazione pittorica del catino e con il significato arcano dell'intero ciclo di affreschi.


La cappella

Cappella del Rosario Un antico storico locale, l'arciprete Beccari, scriveva che " sul luogo dell'altare del Rosario, eretto nel 1681 dall'omonima confraternita, era quello più antico dell'Annunciazione ". Sappiamo inoltre anche che il vescovo di Padova Barozzi, l'8 settembre 1502, consacrò sette altari, fra i quali appunto quello dell'Annunciazione.

Che la cappella fosse dedicata alla SS. Annunciata lo si deduce inoltre dalla bianca Colomba, dipinta sul fondo, sopra una nicchia dorata che, situata al centro della conca absidale, doveva contenere l'immagine di Maria. Segniamoci mentalmente questa notizia, perché ci sarà utile in seguito.

Un primo dubbio è legato all'origine della cappella. Secondo l'architetto Luigi Pavan, che tra il 1959 e il 1960, ne aveva curato per la Soprintendenza il ripristino, essa è anteriore al muro della navata, e fu quindi inglobata nella costruzione della parete. Ipotesi, questa, condivisa da uno dei più precisi studiosi del monumento, il Princivalle. Si tratterebbe quindi di una struttura appartenente ad un edificio precedente e inglobata solo in seguito nel Duomo. Intorno all'anno 1500, l'apertura venne chiusa in basso da una costruzione in muratura affrescata e in pietra lavorata, quasi a forma di iconostasi.


Gli affreschi

L'intera cappella è decorata ad affresco. Alcuni dipinti sono venuti alla luce alquanto rovinati nel 1959, e quindi restaurati a cura della Soprintendenza, ma un primo restauro fu probabilmente compiuto già nell'anno 1582 ad opera di tale Armano degli Armani, pittore da Brescia, detto il Veneziano. Gli affreschi sono opera di ignoto autore e sembrano risalire agli ultimi anni del '400. Il loro valore artistico appare alquanto modesto, ma non è la qualità artistica ad interessarci, quanto il soggetto pittorico, soprattutto quel particolare cielo zodiacale che occupa tutto il catino.

Ma veniamo alla descrizione degli affreschi. La prima fascia mostra cinque coppie di angeli a mezza figura tra festoni di foglie. Sopra questa fascia una composizione architettonica: quattro nicchioni, dipinti ed uno, al centro, in pietra lavorata, che accoglie la statua della Madonna, ed è affiancato da due graziosi angeli musicanti a figura intera, che suonano l'uno la viola, l'altro la mandola. Gli elementi stilistici lo riconducono alla scuola montagnanese del secondo Quattrocento. Nelle altre quattro nicchie dipinte, a figura intera, quattro santi: un giovane santo Diacono, S. Sebastiano, S. Rocco, e S. Antonio Abate.

Negli spicchi tra i larghi baldacchini dei nicchioni, i simboli degli Evangelisti: l'aquila di S. Giovanni e il bue di S. Luca sono posti ai lati del baldacchino centrale dorato, e questa è un'ulteriore conferma dell'intitolazione all'Annunziata, in quanto i due evangelisti che "scortano" la Vergine rappresentano rispettivamente il "teologo" e lo "storico" del mistero dell'Incarnazione. Aggiungiamo che il "Tetramorfo" per San Gerolamo sintetizza la totalità del mistero cristiano: Incarnazione (uomo alato); Passione (bue); Resurrezione (leone); Ascensione (aquila).

Ai simboli degli Evangelisti, seguono, all'estremità dell'abside, due Tritoni. Sopra i nicchioni altre figure di santi : S. Antonio di Padova, un Vescovo (forse S. Fidenzio), un Papa, S.Pietro con le chiavi, S. Paolo con la spada e il libro, un Frate barbuto con un libro e uno strano pendaglio, infine un Vescovo (forse S. Zeno).


La statua della Madonna

Statua della Madonna La quattrocentesca statua della Madonna col Bimbo, in legno, fu collocata nella nicchia dell' absidiola intorno al 1500, e fu presto venerata come Madonna del S. Rosario. Pare sia stata portata a Montagnana da un ufficiale veneziano per salvarla dai turchi. In effetti, la Vergine richiama lo stile bizantino, mentre altri particolari accennano allo stile gotico.

I restauri rivelarono che una collana di perle era stata ricoperta dai fedeli della stessa patina scura che rivestiva l'immagine, probabilmente allo scopo di salvarla da rapine come quella attuata dai "liberatori" giacobini, che ne saccheggiarono l'argenteria. Di questa statua, si ricorda un evento miracoloso : il lumino, che di solito si accendeva davanti all'immagine, rimasto spento per dimenticanza del sacrestano, fu trovato prodigiosamente acceso al mattino seguente.



Il semicatino

Sino a qui nulla di strano, anzi, tutto sembra corrispondere a scelte iconografiche perfettamente in linea con la tradizione. Il discorso cambia, se solleviamo lo sguardo verso il semicatino, occupato da un cielo un tempo azzurro, costellato da stelle dorate grandi e piccole. Sul cielo si stagliano alcune figure:

  1. Una navicella con due remi, una vela e tre alberi.
  2. Un cavallo alato che termina a coda di serpente attorcigliata.
  3. Al centro della calotta, un dragone, tre volte contorto, con la testa in basso.
  4. Nella piega superiore, accanto ad una grande stella, è dipinto un animale simile all'orso, con le gambe all'insù; nella piega mediana v'è un altro simile animale più grande, con le gambe all'ingiù.
  5. Dal sommo della volta scendono quindi, obliqui, tre grandi raggi, sui quali rampa verso l'alto un grosso leone, coperto in parte da un sole luminoso e da una luna oscura.
  6. Sotto il leone sta una vergine alata, classicamente vestita, che tiene nella destra quattro spighe.
  7. Infine, a destra, si erge solitario un gigante barbuto, armato di clava e avvolto dalla pelle leonina.

E' evidente che ci troviamo di fronte ad un cielo stellato, che va interpretato secondo i dettami dell'astronomia e dell'astrologia:

  1. La nave potrebbe rappresentare la costellazione della Nave degli Argonauti, che dal 1760 è stata smembrata in costellazioni distinte (Carena, Poppa, Vela).
  2. Il cavallo alato potrebbe essere Pegaso, costellazione facilmente individuabile, fra luglio e gennaio; la strana forma della coda richiama forse l'origine, da Posidone, dell'animale.
  3. L'enorme e sinuoso Drago attorcigliato intorno al Polo Nord, che circonda con la sua coda l'Orsa Minore è una delle più vaste costellazioni del cielo, quella del Dragone, appunto, ma che si percepisce male ad occhio nudo.
  4. I due orsi sono evidentemente l'Orsa Maggiore e Minore.
  5. Dal sommo della volta scendono quindi, obliqui, tre grandi raggi (l'eclittica e i due tropici?), sui quali rampa verso l'alto il Leone, coperto in parte, come si diceva, da un Sole raggiante e da una Luna oscura.
  6. La donna alata che stringe nella mano sinistra una spiga di grano è la Vergine, il cui simbolismo si dev'essere formato in epoca molto antica, quando il solstizio coincideva con la levata nel sole della costellazione (di lì le spighe che tiene in mano, e Spica, nome di una delle stelle di questa costellazione).
  7. Il gigante barbuto, armato di clava e avvolto dalla pelle leonina, richiamerebbe a prima vista Ercole. Pare invece trattarsi di Orione, il cacciatore che insegue le Pleiadi armato di clava o di spada e che, nell'iconografia tradizionale, sorregge con il braccio sinistro una pelle di leone, o afferra uno scudo. Orione, com'è noto, è una delle costellazioni più notevoli del cielo, soprattutto invernale, legata ad una quantità di miti e su cui, soprattutto negli ultimi tempi, si è anche molto fantasticato.

Ma se descrivere i singoli elementi è tutto sommato semplice, per l'interpretazione non mi azzardo ad avanzare proposte, e mi limito ad offrire un panorama di quello che è stato finora proposto, lasciando all'osservatore il compito di elaborare una sua teoria, che lo convincerà sicuramente più di quello che potranno fare queste note.

Successiva