Le Torri di Montagnana

di Leone Parolo

Aspetti del mondo medioevale raccontati ed illustrati dal prof. Leone Parolo del Centro di Studi sui Castelli di Montagnana. Articolo apparso nella rivista Magazine, supplemento al periodico "Urbania"- giugno 2001

Le torri montagnanesi, in totale ventiquattro, escludendo quelle della Rocca e del Castello, sono alte ben diciassette metri, ed alcune di esse, cioè le quattro che possono considerarsi angolari o cardinali, raggiungono i diciannove metri: vale a dire come un edificio di cinque e di sei piani rispettivamente.
Nel Medioevo, quando in questa pianura le costruzioni erano rare, tale misura di altezza consentiva alle torri montagnanesi di spuntare al di sopra della vegetazione circostante cosicché chi si trova anche lontano dalla città poteva vederle.
Reciprocamente, chi stava in cima alle torri stesse poteva spingere lo sguardo a notevole distanza.
Ricordo che quando da fanciullo abitavo ad Urbana, si citava come una meraviglia il fatto di poter scorgere in lontananza le torri di Montagnana se si fosse saliti in qualche granaio. Chi vede, però, può anche essere visto. Si evidenzia così una delle funzioni delle torri: servire da posti di vedetta.
Benché queste torri abbiano sei lati, come più volte è stato giustamente osservato da vari Autori, in modo da potersi definire a pianta esagonale , sono foggiate nella loro parte anteriore secondo la geometria dell'ottagono regolare.

Pianta di una torre

Le misurazione effettuate sul monumento danno, per le torri di linea, una larghezza media di circa metri 5,90 (+/- 2 cm). La misura dei lati frontali ed obliqui si aggira intorno ai metri 2,42 (+/- 2 cm). In senso sagittale le torri misurano sempre un po' più di 6 metri (6,10 circa +/- 3 cm), cioè sono leggermente più lunghe che larghe.

La scarpata che si può vedere alla base delle torri, verso il motton e il vallo, aveva la funzione di raccordare il corpo della torre con le fondazioni che sono ovviamente più grandi, ma serviva pure per far rimbalzare i grossi sassi che fossero stati fatti cadere dall'alto dai difensori. I massi potevano così offendere il nemico frontalmente al di sotto dello scudo con cui questo tentasse di parare altre pietre scagliate dall'alto dello scudo con cui questo tentasse di parare altre pietre scalgliate dall'alto o di proteggersi dalle frecce.

Dalla parte verso città (lato di gola) le torri non hanno scarpata e sono completamente aperte per vietare l'arroccamento del nemico all'interno di esse nel malaugurato caso che questo riuscisse ad impadronirsene.

Nel grande cantiere che, a cavalcioni della metà del Trecento, l'inzegnero medievale Franceschino de' Schici (1) stava dirigendo a Montagnana per conto della Signoria Carrarese, le torri, rispetto alla cinta murata, secondo una prassi generalmente osservata dai costruttori di fortezze sin dall'antichità furono edificate per prime. Sulle due facce laterali veniva lasciato un incastro di larghezza e profondità calcolate in cui successivamente si inserivano i muri delle cortine.
L'innesto delle cortine merlate in questa scanalatura verticale risulta centrato circa sulla metà della parete laterale delle torri.

Attacco con Pietre e Frecce

Le torri all'interno erano abitabili e la grande canna era divisa in piani: quattro erano i vani coperti, e un quinto era a cielo aperto. C'era il piano terra, sopra stava probabilmente un mezzanino; un altro piano (il secondo solaio) si trovava a livello dei cammini di ronda ed era in comunicazione con questi mediante due posterle barricabili; quindi veniva il piano di sottotetto (granaro) e a questo, attraversando la falda del tetto tramite una botola, si saliva all'ultimo piano scoperto ( il quinto) protetto tutto da merli.
Non si sono trovate all'interno della canna tracce di scale fisse: ciò induce a pensare che il passaggio da un piano all'altro avvenisse per mezzo di botole e di semplici scale portatili a pioli certamente più idonee ad essere rapidamente ritirate così da poter meglio isolare i difensori nel caso che il nemico, dopo aver sfondato le pusterle, fosse penetrato all'interno della torre.

Catapulta

Tutte le torri avevano un tetto costituito da uno spiovente compreso nella canna come è dato vedere ancor oggi nella torre di Porta Vicenza. Tale sistemazione, oltre a rendere più semplice la struttura del coperta e a far sì che questo fosse ben riparato dal lancio di proiettili incendiari, consentiva di disporre in alto di una vasta piazzola scoperta, idonea alla sistemazione di una piccola catapulta.
Queste macchine nevrobalistiche erano l'artiglieria del tempo, come dire che su ogni torre c'era una specie di lanciamissili.
La notevole altezza a cui si trovava l'arma, risultante dalla quota della torre più quella del motton, permetteva di effettuare tiri a grande distanza in modo da mettere in atto un "fuoco" di sbarramento contro gli assalitori che cercassero di avvicinarsi al vallo. Altre macchine da lancio più grosse e potenti erano all'interno della cinta, dietro le cortine.



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