|  |   Il Castello di S. Zeno di Montagnana sorge nel luogo di un insediamento alto-medioevale che 
		 fu residenza degli eredi di Ugo il Grande di Toscana divenuti in seguito i marchesi d'Este; 
		 comprendeva la corte domenicale, non molto estesa, protetta da ridotte opere fortificate con 
		 adiacenti il mulino e l'area del mercato. L'odierna costruzione (salvo l'ala veneziana e le 
		 sovrastrutture austriache) risale per buona parte al XIII sec., quando Ezzelino, dopo averla 
		 data alle fiamme nel 1242, volle meglio fortificare Montagnana.
L'edificio ha pianta rettangolare (metri 46 x 26) con un ampio cortile interno. 
		 Fino agli inizi del XIX secolo, il castello era circondato da un fossato che lo isolava anche 
		 dal lato di città. La struttura era completata da torri (di cui ne restano due) e dal vicino 
		 Mastio (alto circa 40 metri). Inizialmente, il ponte levatoio che varcava il vallo consentendo 
		 l'accesso alla città, immetteva probabilmente nel cortile interno del castello. Si ipotizza che 
		 il passaggio sia stato poi spostato sul lato sud del castello stesso, protetto sia da questo che 
		 dall'alto mastio.   Quando Padova, Verona e le altre città del Veneto furono assoggettate da Venezia e cessarono 
		 le loro reciproche continue lotte, Montagnana prosperò come zona di produzione agricola e, 
		 in particolare, della canapa, le cui fibre erano necessarie per le corde e le vele dell'Arsenale 
		 veneziano. 
 Il castello di S. Zeno fu allora adibito a deposito di tale produzione  ed anche ad 
		 alloggiamento di truppe della Serenissima Repubblica. Con la caduta di Venezia e l'avvento del 
		 dominio austriaco (verso il 1842 vennero aggiunti due corpi di fabbrica ad uso di caserma), il 
		 Castello continuò ad essere utilizzato come quartiere di alloggi militari e, in seguito, anche 
		 col Regno d'Italia fino alla 1° Guerra mondiale.
Dopo un lungo periodo di abbandono, il Castello e la torre di Ezzelino, restaurati grazie a circa un decennio di interventi promossi dal Comune (proprietario del complesso), sono stati destinati all'uso pubblico nel 1997. Nella struttura sono ora ospitati il Museo Civico, l'Archivio storico del Comune, la Biblioteca Comunale e le sedi di alcune associazioni culturali (gruppo teatrale "Prototeatro", il Centro Studi sui Castelli e la sezione locale di Italia Nostra). Le sale del Castello ed il Mastio sono visitabili negli orari di apertura del Museo.
 Ezzelino III da Romano  Figlio di Ezzelino II il Monaco e di Adelaide dei conti di Magonza, partecipò alle lotte dei 
		 da Romano per il predominio sulla marca trevigiana e sulle città vicine. A poco a poco seppe 
		 aver ragione dei contendenti locali fino ad assumere una posizione di primo piano in Italia, 
		 sostenendo con decisione il partito imperiale, nella lotta fra Federico II e i Comuni italiani.
 Signore di Verona dal 1232, approfittando della discesa di Federico riuscì ad estendere il suo 
		 dominio a Vicenza (1236) e a Padova (1237). Lo stesso anno combatteva vittoriosamente nella battaglia di 
		 Cortenuova al fianco dell'imperatore, di cui nel 1238 sposò la figlia naturale, Selvaggia. Negli anni 
		 successivi ebbe definitivamente ragione dei suoi rivali quando, allorché gli Estensi e i Sambonifacio 
		 furono messi al bando dell'Impero (1239), egli venne incaricato dell'esecuzione della sentenza.
  Abile e spregiudicato (la tradizione lo presenterà come un tiranno particolarmente feroce e 
		 spietato), Ezzelino riuscì a rafforzare la sua autorità effettiva e a creare la prima signoria 
		 italiana degna di questo nome, mantenendosi nello stesso tempo indipendente dall'Impero, tanto 
		 che la morte di Federico (1250) non scosse minimamente il suo potere. 
 Nell'aprile 1254 il papa 
		 Innocenzo IV, d'accordo coi Veneziani, lo scomunicò come eretico e bandì contro di lui una 
		 crociata. Ezzelino perdette Trento e Padova, ma ottenne significativi successi sull'Oglio e 
		 conquistò ancora Brescia (1258).
 
 Solo il tradimento di alcuni suoi alleati ghibellini nonché 
		 l'infelice esito di una spedizione contro Milano, fiaccarono le sue forze: ferito e catturato 
		 dai guelfi mentre, ritirandosi, tentava di guadare l'Oglio, morì a Soncino pochi giorni dopo.
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